È un tema di cui ci siamo già occupati ,ma che riproponiamo trattandosi evidentemente di un argomento sentito.
Dunque, la sponsorizzazione è una forma atipica di pubblicità che prevede, da parte dello sponsor, il pagamento di una somma o la cessione di beni allo sponsee che si presta a diventare un veicolo di propaganda dei prodotti commercializzati dallo sponsor e/o dei segni distintivi dell’impresa ad esso riferibile.
Come tale, un’attività del genere non è certo interdetta alla farmacia, purché sia svolta nel rispetto delle norme deontologiche proprie della vostra professione le quali (art. 20, comma 4, del Codice deontologico) consentono al farmacista di pubblicizzare – ma più con spirito informativo che pubblicitario (almeno per come si intende comunemente quest’ultimo riferimento) – l’attività della farmacia nel suo complesso, i servizi prestati (come autoanalisi, diete computerizzate, ecc.) ed i reparti di cui essa si compone (omeopatia, veterinaria, ecc.), ma, ad esempio, non singole specialità medicinali, come d’altra parte tutti sanno.
Quanto ai vantaggi fiscali dell’operazione, bisogna osservare che i compensi corrisposti dallo sponsor – nel nostro caso, la farmacia – sono sicuramente inerenti l’attività d’impresa e costituiscono, in particolare, spese di pubblicità integralmente deducibili ai fini della determinazione del reddito annuale d’esercizio, ovvero in quote costanti nell’anno stesso della sponsorizzazione e nei quattro esercizi successivi.
In passato si era discusso se la sponsorizzazione rientrasse tra le spese di pubblicità in senso stretto (di tale avviso era anche la stessa amministrazione finanziaria), oppure tra quelle di rappresentanza, come, ad esempio, riteneva il SECIT nell’ipotesi in cui – proprio come nel nostro caso – oggetto della sponsorizzazione non sia tanto un prodotto, quanto l’immagine o il marchio dello sponsor; la differenza era sostanziale in termini di vantaggio fiscale dato che le spese di rappresentanza erano deducibili per un solo terzo ed in cinque quote di pari importo a partire dall’esercizio di sostenimento.
Attualmente, dopo la riforma della disciplina delle spese di rappresentanza (v. Sediva news del 01/12/2008) e dopo molte pronunce giurisprudenziali sull’argomento (v. su tutte Cass. n. 14252/2014), crediamo che la questione si sia definitivamente risolta nel senso di attribuire senza più alcun dubbio alla sponsorizzazione natura di spesa di pubblicità, atteso che uno dei requisiti previsti dalle nuove disposizioni – per qualificare una spesa tra quelle di rappresentanza – risiede nella gratuità delle prestazioni di servizi o delle cessioni di beni effettuate a scopo promozionale.
Una circostanza, quest’ultima, che va invece senz’altro esclusa per la sponsorizzazione, che si configura infatti, lo si è visto, come un contratto di pubblicità – sia pure atipica – a prestazioni corrispettive, e per ciò stesso a titolo oneroso.
(mauro giovannini)