Compravendita farmacia, quale è la prova dell’effettivo prezzo convenuto per la cessione?

Compravendita farmacia, quale è la prova dell’effettivo prezzo convenuto per la cessione?

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Nel rogito di vendita della farmacia è stato previsto un prezzo di poco inferiore a quello convenuto nel preliminare; la differenza, secondo gli accordi, dovrebbe essermi corrisposta unitamente al prezzo della merce.
L’acquirente, però, mi sta contestando alcune irregolarità del locale e intenderebbe trattenere interamente quell’importo come risarcimento dei danni, anche se le spese da lui sostenute per l’agibilità sono state modestissime.
Posso costringerlo a pagarmi il dovuto avvalendomi della testimonianza del commercialista e del mediatore?

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Domanda del 2 Maggio 2015
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Domanda Privata

Il quesito spiega con chiarezza come sono andate le cose.Del resto, quello della stipula di un certo contratto quando in realta le parti ne vogliono uno diverso e un classico caso di simulazione c.d. relativa, quando, ad esempio, Tizio – in virtu di un contratto di vendita – cede in via definitiva a Caio un qualunque bene al prezzo dichiarato di 100, dopo aver pero concordato con lui (verbalmente o anche, come nel Suo caso, in un preliminare di vendita in forma scritta) un corrispettivo reale di cessione di 120. Come si vede, il primo e un contratto parzialmente simulato, il secondo parzialmente dissimulato.E’ una vicenda che ricorre sempre meno, anche perche ormai da tempo sono stati coinvolti dal sistema di norme anti-riciclaggio” anche avvocati, notai, commercialisti, ecc..Secondo la Cassazione, pero, la prova testimoniale in ordine all’ammontare del prezzo effettivamente convenuto non e ammissibile, almeno nei rapporti tra venditore e acquirente, mentre nei confronti di terzi le cose possono andare diversamente.In particolare, in una fondamentale decisione del 2007 le Sezioni Unite della Suprema Corte, dopo aver illustrato i contenuti dei precedenti opposti orientamenti giurisprudenziali, ha sottolineato come la soluzione del problema (probatorio) imponga di privilegiare, e quindi tutelare, l’esigenza di evitare che i rapporti giuridici provati per iscritto possano essere alterati da una prova (quella testimoniale, nella specie) con un grado di attendibilita sicuramente inferiore a quella documentale.Percio, conclude la sentenza, anche nell’ipotesi dell’asserita simulazione riguardante il prezzo di vendita vale il principio, sancito dall’art. 2722 del cod.civ., secondo cui la prova testimoniale non e ammessa se, proprio come nel Suo caso, ha per oggetto patti aggiunti e contrari al contenuto di un documento (il contratto definitivo), quando una delle parti assuma che quei patti (il contratto preliminare) sono stati conclusi anteriormente o contemporaneamente al primo.Avrebbe dunque potuto semmai giovarLe una qualche intesa in forma scritta (non difficile da concepire) sul prezzo realmente convenuto incontestabilmente successiva alla stipula del negozio di cessione, oppure un accordo (pero un po’ piu complicato) anche anteriore o contemporaneo a quest’ultimo, ma relativo ad un titolo di pagamento diverso dal corrispettivo di cessione.La portata pratica di questo orientamento della Cassazione e evidentemente di grande rilievo, sia nel caso piu banale e sciagurato di un rifiuto dell’acquirente a pagare la differenza pattuita, ma anche, ad esempio, quando, per l’inadempimento del venditore e/o per vizi della cosa venduta, si voglia rimettere in discussione un contratto gia perfezionato e si invochi, poniamo, la restituzione del prezzo effettivamente pagato.In queste evenienze, come anche in numerose altre, in definitiva, i due contratti (il preliminare e il definitivo) – da soli – possono anche non bastare. (gustavo bacigalupo)

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Pubblicato da Studio Bacigalupo Lucidi
Risposta del 2 Maggio 2015

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