Condanna del farmacista, quali sono gli obblighi dell’Ordine?

Condanna del farmacista, quali sono gli obblighi dell’Ordine?

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Quali sono gli obblighi dell’Ordine sul piano disciplinare quando un iscritto sia stato condannato a tre anni e sei mesi di reclusione e relative pene accessorie, compresa quella della sospensione dall’albo?

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Domanda del 9 Giugno 2016
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Domanda Privata

Riproponiamo un argomento già trattato in un paio di circostanze.
Presupponendo che non si tratti di un titolare di farmacia, perché in tale eventualità il tema dovrebbe sicuramente ampliarsi, qui l’Ordine dei farmacisti potrà/dovrà subito avviare – sempreché non vi abbia già provveduto a tempo opportuno, come d’altronde gli era imposto dalla normativa sugli ordini sanitari – il procedimento disciplinare a carico dell’iscritto, e però, avendo ad oggetto verosimilmente i medesimi fatti contestati in sede penale, dovrà/avrebbe dovuto in ogni caso sospendere il procedimento stesso immediatamente (ricordando tuttavia che la sua sospensione interrompe comunque il decorso della prescrizione quinquennale prevista per il perseguimento delle infrazioni di natura deontologica) perché dalla definizione del giudizio penale può evidentemente dipendere la decisione del procedimento in sede ordinistica.
Dell’avvio e della sospensione del procedimento il Presidente dell’Ordine darà/avrebbe dovuto dare comunicazione – anche per questo è opportuno che il suo avvio e la contestuale sospensione siano subito formalizzati – all’organo regionale competente (siamo in Calabria) e al Procuratore della Repubblica.
All’esito del passaggio in giudicato della sentenza, quindi non prima di allora, l’Ordine (il Consiglio Direttivo) riavvierà pertanto il procedimento e lo concluderà, tenendo presente che:
– la sentenza irrevocabile di condanna, per la sua piena autorità di cosa giudicata anche nel giudizio disciplinare, vincola l’Ordine sia per quanto attiene, come accennato, alla sussistenza del fatto-reato che con riguardo alla responsabilità dell’iscritto, talché in sostanza il C.D. può/deve soltanto valutare l’uno e l’altra – anche se tale valutazione potrebbe rivelarsi molto complicata – sotto l’aspetto deontologico;
– quanto alla sentenza irrevocabile di assoluzione, la sua efficacia di giudicato sul versante (anche) disciplinare è stata estesa qualche tempo fa (l. 97/2001), oltre alle ipotesi di assoluzione “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non l’ha commesso”, anche a quella “perché il fatto non costituisce reato”, mentre, in caso di assoluzione dell’iscritto per mancanza di dolo, l’Ordine può valutare autonomamente – perciò qui la valutazione può talora risolversi in un notevole allargamento degli orizzonti dell’intero giudizio disciplinare – la sua condotta nella vicenda incriminata, potendo infatti la responsabilità sussistere in sede deontologica anche per mera colpa;
– tale ultima notazione vale anche sia per il caso di applicazione dell’amnistia (che estingue il reato ma non esclude naturalmente i fatti, la riconducibilità all’iscritto e la loro rilevanza sul piano disciplinare) che nell’ipotesi di indulto o di concessione della grazia, che non estinguono infatti né il reato né la condanna.
Qualunque sia però l’esito definitivo del giudizio penale, quindi anche nell’ipotesi di archiviazione, il C.D. (e prima ancora il Presidente) dell’Ordine sarà appunto tenuto a riprendere il procedimento e portarlo a conclusione – dandone anche qui comunicazione alla Regione e all’autorità giudiziaria – con un provvedimento, quale esso sia, ma considerando anche che la sospensione e/o la radiazione dell’iscritto possono derivare direttamente, cioè di diritto (v. artt. 42 e 43 del Dpr. 5/4/1950 n. 221), da provvedimenti del giudice penale, interinali o definitivi, e perciò anche nel corso del procedimento ordinistico o addirittura ancor prima che esso sia riavviato, pur se in questo caso specifico la sospensione dall’albo è stata bensì irrogata come pena accessoria ma anch’essa, al pari di quella principale, con sentenza ancora non definitiva. Infine, in caso – ovviamente del tutto ipotetico in questa fattispecie – di privazione della libertà personale disposta dall’autorità giudiziaria nel corso di una qualsiasi fase del procedimento penale, la sospensione dell’iscritto dall’esercizio della professione, quindi dall’Albo, è pure una conseguenza di diritto [ai sensi del citato art. 43 lett. a)] di cui il C.D. deve dunque prendere subito atto dichiarandola con propria deliberazione, e la sospensione durerà (u.c. dello stesso art. 43) “fino a quando abbia effetto… il provvedimento da cui essa è stata determinata”.
Fermo, s’intende, quanto già detto sulle conseguenze (anche) sull’iscrizione all’Albo della sentenza definitiva.
(gustavo bacigalupo)

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Pubblicato da Studio Bacigalupo Lucidi
Risposta del 9 Giugno 2016

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