Confini sede farmaceutica, sono ancora “rigidi”?

Confini sede farmaceutica, sono ancora “rigidi”?

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Nel descrivere i confini sede farmaceutica, i comuni indicano una strada (per esempio Via Roma) e sono compresi evidentemente entrambi i suoi lati.
Nel caso però in cui le strade formano un rettangolo ,in quale lato è possibile aprire la farmacia? Ma in realtà i confini delle sedi sono ancora rigidi?

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Domanda del 21 Aprile 2016
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Domanda Privata

Se nella delimitazione della porzione territoriale di pertinenza di una sede farmaceutica non viene indicato espressamente che una delle vie o piazze di confine appartiene interamente a quella sede (con formulazioni tipo “ambo i lati”, o simili), bisogna considerare pertinente alla circoscrizione il solo lato interno della via o piazza, quello cioè che si ricava tracciandovi idealmente una linea di mezzeria.
Quando perciò, come Lei si esprime, “i comuni indicano una strada (per esempio Via Roma)”, senza ulteriori specificazioni, non è vero che “sono compresi evidentemente entrambi i suoi lati”, ma é vero l’esatto contrario.
Conseguentemente, anche nel caso ipotizzato nel quesito tutte le vie o piazze che corrono sul perimetro del “rettangolo” vanno ascritte alla sede soltanto per il loro fronte interno, anche qui ricorrendo a un’ideale mezzeria per ognuna di esse.
Specie però nelle aree suburbane delle città o nei comuni di modestissime dimensioni, una sede farmaceutica non sempre può essere interamente delimitata da vie o piazze, o perché in alcuni segmenti del perimetro non si rinvengono al momento [e magari non si rinverranno mai] vie o piazze, o perché si rende necessario che il confine sia tracciato con linee soltanto virtuali [si pensi all’attraversamento di un fiume o di una sede tramviaria o ferroviaria, o cose del genere], o anche per le caratteristiche stesse di qualche tratto perimetrale più o meno esteso (campagna, mare, ecc.).
Quest’ultima notazione ci conduce all’interrogativo finale del quesito, cui tuttavia ancor oggi – come del resto la giurisprudenza fa da 70/80 anni – è necessario rispondere affermativamente.
La sopravvivenza al dl Crescitalia, infatti, della “pianta organica” [intesa quale atto tipico (“tipico”, perché espressamente contemplato e disciplinato dal diritto positivo) quale è stato certamente sino ad allora, o se non altro – come negli ultimi tre anni ha ripetuto fino alla noia il Consiglio di Stato – quale “strumento pianificatorio che, sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti, corrisponde alla vecchia pianta organica (e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome”)] postula indubitabilmente anche la sopravvivenza di un assetto del servizio farmaceutico locale articolato sulla ripartizione del territorio comunale in sedi o “zone” (come ha ritenuto preferibile definirle il provvedimento di riforma, senza peraltro modificarne il ruolo e le finalità), quindi in tante aree territoriali quante sono le farmacie già istituite o neo-istituite.
A ciascuna farmacia è pertanto riferibile una porzione del territorio (la sede o “zona”, appunto) che – nella fase di istituzione come in caso di sue successive modifiche – deve essere esattamente individuata o univocamente individuabile, perché è soltanto al suo interno [se escludiamo il territorio campano per l’incredibile disposizione di legge introdotta un paio di anni fa dalla Regione…] che il titolare della relativa farmacia può, da un lato, ubicare l’esercizio nella prima attivazione e, dall’altro, trasferirlo in prosieguo “liberamente” (le virgolette si spiegano con la natura discrezionale del provvedimento che deve autorizzare lo spostamento).
Qualcuno forse ricorderà che a ridosso della conversione di legge del dl Crescitalia gli uffici ministeriali – rispondendo ai quesiti di un non meglio identificato “gruppo interregionale”, guidato comunque dal rappresentante toscano – tentarono di far passare la tesi che la riforma, sopprimendo la pianta organica, avesse coerentemente inteso anche ridurre in termini incisivi il rigore che deve caratterizzare la delimitazione dell’area territoriale ascrivibile a ogni esercizio.
In particolare, secondo il Ministero, a quel rigore si sarebbe allora sostituito un regime svincolato “dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio”, non incontrando infatti l’attività pianificatoria del comune “limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte [ma] dovendo soltanto assicurare… ecc.”, cosicché – questa fu la conclusione che cagionò tanti “lutti agli Achei” – “l’individuazione delle “zone” può avvenire anche in forma assai semplificata (ad esempio, indicando una determinata via e le strade adiacenti)”.
Sciaguratamente a questa tesi prestarono frettolosa “acquiescenza” (spinti verosimilmente dalla Regione competente) alcuni comuni e le conseguenze sono quelle cui in qualche caso stiamo ora assistendo e che vedono assegnatari di farmacie in concorsi straordinari, ad esempio in quello piemontese, in notevoli ambasce nel reperire i locali da adibire all’esercizio dell’attività appunto per la grande difficoltà di individuare le “strade adiacenti” alla “determinata via” indicata nel provvedimento di revisione straordinaria.
Anche qualche Tar ha seguito l’orientamento ministeriale [specie quello fiorentino, ma, come diremo subito, anche quello lucano], e però in (quasi) tutte le circostanze è potuto fortunatamente intervenire il Consiglio di Stato ristabilendo l’ordine infranto.
Anche nella più recente di queste occasioni, il CdS – nella sent. n. 22 del 7/1/2016 – ha ritenuto infatti testualmente “non pertinente la tesi della sentenza impugnata [Tar Basilicata n. 47/2014] secondo cui nella nuova disciplina conseguente al decreto legge n. 1/2012 non sarebbe più necessaria una puntuale delimitazione delle sedi farmaceutiche”.
Senonché, proprio questa decisione, affrontando il tema specifico che stiamo esaminando, sembra – a una primissima lettura – introdurre ulteriori e forse diversi profili di valutazione della vicenda, ma con una migliore attenzione si rileva agevolmente che anche qui il Supremo Consesso conferma in realtà, corroborandolo anzi con notazioni pienamente coerenti, l’assunto di fondo della permanenza nel sistema della nozione di sede o “zona” come porzione territoriale delimitata puntualmente ovvero con confini comunque desumibili in termini non equivoci.
L’incipit del ragionamento del CdS, che per un momento ha lasciato intendere prospettive diverse, è il seguente: “Riguardo al modo di delimitare il territorio assegnato ad una sede farmaceutica, non esistono norme cogenti, ma solo prassi più o meno consolidate. La prassi più diffusa, in effetti, è quella della elencazione delle strade corrispondenti alla linea perimetrale, ma niente vieta che si usino tecniche diverse purché idonee allo scopo”.
Ma poi, scorrendo ancora il testo, cogliamo tutta la particolarità della fattispecie ivi decisa, in cui – nell’individuazione delle due sedi di nuova istituzione – il Comune di Matera, invece di delimitarle con vie e piazze e/o altri confini altrettanto certi, aveva fatto semplicemente riferimento a due piani urbanistici secondari, il “piano di zona per l’edilizia economica e popolare” denominato “Agna-Le Piane” e “il piano di lottizzazione” denominato “San Francesco”.
E condivisibilmente [se trascuriamo qualche svolazzo più che altro solo descrittivo] il Consiglio di Stato ritiene qui “ragionevole presumere… che queste denominazioni siano di uso corrente e che il loro significato sia ben noto alla cittadinanza” e in ogni caso “ciascuno strumento urbanistico secondario (piano particolareggiato, piano attuativo, p.e.e.p., eccetera) individua con chiarezza e precisione l’area che forma oggetto della relativa disciplina urbanistica”, talché in definitiva “il riferimento ai due piani urbanistici appare più che sufficiente a conferire conoscibilità e certezza alla delimitazione del territorio assegnato alla nuova farmacia”.
Ed è a questo punto che, quasi a scanso di equivoci, la sentenza [una delle ultime scritte dal Presidente della III Sez., Piergiorgio Lignani, che per ragioni anagrafiche ha recentemente abbandonato il Consiglio di Stato, lasciando un vuoto non facilmente colmabile che purtroppo potrà incidere anche parecchio sulla “stabilità” del ns. diritto farmaceutico] si affretta a giustiziare per l’ennesima volta, come si è ricordato, l’apodittica ricostruzione ministeriale del marzo 2012.
Nessun cambiamento di rotta, dunque, ma la mera conferma che la sede farmaceutica ‑ anche quando non sia facilmente o ragionevolmente utilizzabile il ricorso a vie e piazze di confine – deve nondimeno essere configurata con dati e/o riferimenti che consentano l’esatta individuazione della relativa area territoriale.
E, allo stato del sistema normativo vigente, è indubbiamente meglio così.
(gustavo bacigalupo)

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Pubblicato da Studio Bacigalupo Lucidi
Risposta del 21 Aprile 2016

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