La normativa di riferimento che si occupa della regolamentazione dell’impresa familiare è l’art. 230 del codice civile (da un punto di vista civilistico) e l’art. 5 del Dpr 917/86 (da un punto di vista fiscale) che stabiliscono, in sintesi, che l’esistenza di un’impresa familiare è condizionata alla prestazione di lavoro da parte dei collaboratori familiari nell’impresa stessa, in modo continuativo.

La questione della prevalenza, invece, fa riferimento a un concetto meramente fiscale e, quindi, al disposto dell’art. 5 del Tuir che dispone l’imputazione a ciascun familiare, che abbia prestato in modo sia continuativo che prevalente (rispetto ad altra professione) la sua attività di lavoro nell’impresa in proporzione alla quota di partecipazione agli utili, del 49% dei redditi risultanti dalla dichiarazione dell’imprenditore.

Quindi, in caso di accettazione del lavoro di insegnamento svolto a tempo pieno, qualora non si potesse svolgere l’attività di collaboratrice familiare in modo prevalente e continuativo, potrebbero verificarsi conseguenze da un punto di vista fiscale e, d’altra parte, potrebbe essere messa in discussione l’esistenza stessa dell’impresa familiare così come individuata dalla normativa civilistica.