“Riassorbimento farmacia”, quale è il significato storico legislativo del termine?

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Il “RIASSORBIMENTO” della farmacia aperta ex art. 104 del TULS-1934, con il criterio topografico e/o della distanza in un comune di oltre 150 mila abitanti: significato dalla legge 362/1991 alla legge 27/2012 (Monti), al parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Salute del 21/03/2012 (Ex Capo Ufficio Avv. Michele Pandolfelli), alla sentenza Cds 2581 del 04.06.2014. Che succede per la farmacia rurale “riassorbita” per obbligo-dovere del Comune per la quale sono venute meno le condizioni che 30 anni fa consentirono e giustificarono l’apertura?

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Domanda del 17 Settembre 2016
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Domanda Privata

Prima della novella recata dalla l. 362/91, l’art. 104 del T.U.LL.SS. prevedeva la possibilità per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di istituire in qualunque comune, in aggiunta o in sostituzione del criterio demografico, una nuova sede farmaceutica il cui esercizio doveva/deve però rispettare una distanza minima dalle altre farmacie che originariamente era di 500 metri, elevati successivamente a 1000 e poi agli odierni 3000.
Si tratta, come Lei ben sa, delle farmacie istituite con il c.d. criterio topografico o della distanza (che sono esattamente la stessa cosa, come ha alfine chiarito la sentenza del CdS del 2014 da Lei richiamata nel quesito), quando sussistevano (e sussistono) particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità, anche se l’applicazione del criterio topografico ha dato costantemente filo da torcere al giudice amministrativo, soprattutto per l’elevata discrezionalità che inerisce al concreto esercizio dei poteri spettanti in materia alla p.a.
Con la predetta l. 362/91 – per la quale il criterio topografico diventava soltanto aggiuntivo, e non più anche sostitutivo, di quello demografico, “rivisto” in tale circostanza con la riduzione del quorum da 1:5000 a 1:4000 per i comuni con popolazione compresa tra i 12.500 e i 25.000 abitanti) – la facoltà concessa alle regioni e alle province autonome è stata circoscritta ai comuni con popolazione inferiore appunto a 12.500 abitanti e con il limite di una farmacia per comune, e con la precisazione ulteriore (peraltro non necessaria perché il principio era stato già affermato nell’art. 380 TU., che è sempre rimasto in vigore) che gli esercizi già aperti in base al solo criterio della distanza avrebbero dovuto essere riassorbiti in sede di (prima) approvazione e/o (successive) revisioni delle piante organiche posteriormente all’entrata in vigore della legge 362/91 in base al parametro della popolazione. Quelle eccedenti dovevano evidentemente essere considerate ancora in soprannumero.
Il riassorbimento “converte” dunque una farmacia soprannumeraria in una farmacia numeraria.
Con il decreto Crescitalia è stato, come noto, ridotto ulteriormente il rapporto farmacie/popolazione, prevedendo per tutti i comuni un esercizio ogni 3.300 abitanti, con la conseguenza anche in questo caso che quelle istituite con il criterio della distanza avrebbero dovuto essere riassorbite nel demografico, e ammettendo a partecipare ai concorsi straordinari anche i titolari delle farmacie soprannumerarie rimaste tali nonostante il generale abbassamento del quorum.
Con un decreto legge del luglio 2012 è stato infine precisato espressamente (ed è stata una precisazione comunque utile a sgombrare alcuni equivoci insorti precedentemente anche in giurisprudenza) che per farmacie soprannumerarie devono intendersi quelle aperte in base al criterio topografico o della distanza – sia anteriormente che posteriormente all’entrata in vigore della l. 362/91 – che non risultavano assorbite nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base al nuovo parametro della popolazione, cioè appunto in base al quorum 1:3300.
Probabilmente il riassorbimento, nonostante l’intervento del legislatore appena ricordato, non scaturisce ope legis (anche se qui non tutti sono d’accordo), sembrando infatti necessario che il comune, anche implicitamente, sancisca in un provvedimento la nuova collocazione di queste farmacie tra quelle demografiche.
È evidente, pertanto, che quella farmacia originariamente istituita con il criterio della distanza in un comune di 150.000 abitanti, e oggi riassorbita per effetto delle disposizioni sopra descritte e per la quale non sussistono più le “condizioni che 30 anni fa consentirono e giustificarono l’apertura”, si trova esattamente nella stessa situazione dal punto di vista giuridico di tutte le altre farmacie (originariamente) “demografiche” e quindi non solo può essere trasferita all’interno della sua sede, ma la sede come tale può anche essere oggetto di decentramento ai sensi dell’art. 5 della l. 362/91, tenendo comunque sempre presente il principio cardine del sistema farmacia che tende a rendere costantemente aderenti il numero e le dislocazioni degli esercizi sul territorio al numero e alle dislocazioni della popolazione da assistere.
Ma tuttora sia gli spostamenti delle farmacie nella sede che i trasferimenti di una sede da una zona all’altra del comune devono indubbiamente tener conto della pianificazione territoriale del servizio farmaceutico che compete dal 2012 al comune e perciò, come del resto affermato senza incertezze anche dal CdS, nell’ambito di una “pianta organica” (ancora la si può chiamare così in base al dictum del CdS anche dopo le modifiche operate dal decreto Crescitalia), che deve infatti (continuare a) prevedere porzioni di territorio ben determinate assegnate a ciascuna sede, diversamente da quanto indicato dal Ministero della Salute nel parere del marzo 2012 da Lei rammentato.
Ogni comune e ogni farmacia, però, hanno la loro storia che va vagliata ovviamente nel concreto.

Studio Associato
Bacigalupo-Lucidi

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Pubblicato da Studio Bacigalupo Lucidi
Risposta del 17 Settembre 2016

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