Holter pressorio, Holter cardiaco, Elettrocardiogramma: sono tutte prestazioni inquadrabili nell’ambito dei c.d. servizi di secondo livello contemplati dall’art. 1 del D.Lgs.153/2009, che ha introdotto nel nostro ordinamento il complesso progetto (molto più complesso di quel che si è pensato all’indomani della pubblicazione dei provvedimenti…) della “farmacia dei servizi”.
Il decreto del Ministero della Salute del 16/12/2010, infatti, dopo avere annoverato all’art. 3 – sia pure in modo indiretto, contemplando cioè l’utilizzabilità da parte delle farmacie dei necessari dispositivi – le prestazioni in argomento appunto tra i servizi di secondo livello, prevedendo testualmente:
“Nell’ambito dei servizi di secondo livello, di cui all’art. l, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, sono utilizzabili presso le farmacie, i seguenti dispositivi strumentali:
Dispositivi per la misurazione con modalità non invasiva della pressione arteriosa;
Dispositivi per la misurazione della capacità polmonare tramite auto – spirometria;
Dispositivi per la misurazione con modalità non invasiva della saturazione percentuale dell’ossigeno;
Dispositivi per il monitoraggio con modalità non invasive della pressione arteriosa e dell’attività cardiaca in collegamento funzionale con i centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di specifici requisiti tecnici, professionali e strutturali;
Dispositivi per consentire l’effettuazione di elettrocardiogrammi con modalità di tele cardiologia da effettuarsi in collegamento con centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di specifici requisiti tecnici, professionali e strutturali.”;
ha disposto all’ art. 4, in ordine alle condizione di applicazione degli stessi, quanto segue:
“Le farmacie pubbliche e private, per l’effettuazione delle prestazioni e l’assistenza ai pazienti che in autocontrollo fruiscono delle prestazioni di cui agli articoli 2 e 3, utilizzano spazi dedicati e separati dagli altri ambienti, che consentano l’uso, la manutenzione e la conservazione delle apparecchiature dedicate in condizioni di sicurezza nonché l’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in base a linee guida fissate dalla Regione.”
“Le attività erogate presso le farmacie devono essere effettuate nei limiti dei rispettivi profili professionali, nonché nel rispetto delle altre disposizioni di legge, e sotto la vigilanza dei preposti organi regionali”.
Le norme ora riportate sono dunque chiare nell’affermare che queste forme di assistenza alla clientela possono essere svolte soltanto nei locali della farmacia, sia pure in spazi dedicati e separati dagli altri ambienti, cosicché sembra indubitabilmente esclusa la possibilità di esercitarle in locali esterni e diversi da quelli in cui viene praticata l’attività della farmacia, pur se “integrata” dai servizi in discorso.
D’altra parte, nella stessa direzione concorre anche l’art. 8 quando, nel citare gli accordi collettivi nazionali per la definizione dei principi e criteri in base ai quali i correlati accordi regionali fissano i requisiti minimi di idoneità, fa riferimento ai “locali della farmacia nel cui ambito le prestazioni sono erogate”.
In tal senso, infine, anche la stessa giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Puglia Sez. II n. 507 del 14/03/2012).
La “ridondanza” della prescrizione dell’utilizzo dei servizi esclusivamente nei locali dell’esercizio lascerebbe, insomma, pochi dubbi sulla conclusione che il loro svolgimento sia interdetto in luoghi diversi da quelli in cui si eserciti l’attività della farmacia, ivi compreso – a rigore – il domicilio del cliente.
Altra questione – sottesa alla problematica sollevata con il quesito – è poi se il farmacista in quanto tale possa rendere anche queste prestazioni.
Ebbene, la previsione normativa (cfr.D.lgs.153/2009 art. 1 lett. a) n. 4), secondo cui per lo svolgimento dei servizi la farmacia possa anche fare riferimento alla generica figura dell’operatore socio-sanitario, parrebbe legittimare il farmacista – sia pure per tutte quelle pratiche che non siano prerogativa di alcuno specifico profilo professionale, come per l’appunto la pura e semplice assistenza al cliente nell’utilizzo delle apparecchiature elettroniche di auto-monitoraggio – ad un suo intervento diretto.
Ma, e qui veniamo all’ultimo punto del quesito, al di fuori di questo “tracciato” normativo (svolgimento dei servizi esclusivamente in farmacia anche ad opera del farmacista sia pure nel rispetto delle prerogative professionali degli altri operatori sanitari) il farmacista non potrebbe svolgere nessuno di quei servizi “in proprio” (a voler usare la Sua stessa espressione) né, tantomeno, fuori dalla farmacia, e questo perché la raccomandazione contenuta nell’art. 4 del d.m. sull’osservanza dei “rispettivi profili professionali” si tradurrebbe (temiamo “al di fuori”, come abbiamo detto, di quel ben preciso e circoscritto quadro normativo) in un vero e proprio divieto.
(stefano civitareale)