Il quesito posto è molto generico; tuttavia cerchiamo di prospettare alcuni scenari possibili.
Lavorare con ritenuta d’acconto presuppone un rapporto di lavoro autonomo.
Il lavoro autonomo, infatti, è caratterizzato dall’applicazione della ritenuta d’acconto che rappresenta una parte del compenso trattenuta dal datore di lavoro e da questi versata all’erario proprio a titolo di acconto agendo, così, in qualità di sostituto di imposta anticipando una parte delle imposte sui redditi dovute dal lavoratore.
Fatta questa premessa, si specifica che la prestazione di lavoro autonomo può essere eseguita in modo occasionale o abituale.
Per considerare la prestazione occasionale devono sussistere i seguenti requisiti:
• Mancanza di continuità e abitualità della prestazione di lavoro autonomo
• Mancanza di coordinamento della prestazione.
A fronte della prestazione dovrà essere emessa al soggetto committente della prestazione, una ricevuta “non fiscale“ che ha carattere di “quietanza di pagamento“, certificando l’avvenuto pagamento della prestazione.
È, tuttavia, necessario fare attenzione al limite economico che ha tale tipo di prestazione. Infatti Nel caso in cui il prestatore di lavoro occasionale raggiunga nell’anno la soglia di 5.000,00 euro lorde vige l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS. (art. 44 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla Legge n. 326/2003).
Nel caso di lavoro autonomo abituale, si è tenuti all’apertura della partita IVA con tutti gli adempimenti conseguenti uno dei quali è l’emissione di fattura con indicazione della ritenuta d’acconto (se non si adotta il regime forfettario).