Ribadendo quanto già osservato sull’argomento in altre circostanze, la prescrizione di cui all’art. 22, comma 3, del D.P.R. 600/73 – per la quale tutta la documentazione di supporto alle scritture contabili (fatture, note, ricevute, estratti conto bancari, ecc.) deve essere conservata fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al periodo d’imposta considerato (e questo, s’intende, anche oltre il termine decennale stabilito dall’art. 2220 del cod. civ.) – costituisce una regola generale e perciò si applica anche alle fatture di acquisto dei beni strumentali.
Bisogna tuttavia anche considerare che i beni appartenenti a questa particolare categoria – il cui utilizzo, come noto, non si esaurisce nel periodo d’imposta in cui vengono acquistati, ma si estende a tutti gli anni di “vita utile” e anche oltre il periodo di ammortamento fiscale – possono restare in uso alla farmacia e generare quindi, pur se completamente ammortizzati, spese di impiego, manutenzione, ecc. in ciascuno degli anni di loro effettivo utilizzo.
Si pone dunque l’esigenza di documentare, ai fini di eventuali controlli, l’inerenza di queste ultime spese all’attività esercitata, perché riferibili a beni effettivamente acquistati per essere effettivamente destinati in ambito aziendale.
Di qui, ci sembra, la necessità di conservare le fatture di acquisto relative a questi beni praticamente fino a quando non si sia definito l’accertamento relativo all’anno di dismissione e quindi anche oltre l’anno in cui si è esaurito il suo processo di ammortamento fiscale laddove, come accennato, rimanga in uso; in altri termini, dunque, fino a quando – ed è questa la conclusione pratica che qui può interessare – non si sia definito l’accertamento relativo all’anno in cui il bene viene ad ogni effetto estromesso dall’attività di farmacia.
(stefano civitareale)