La funzione primaria di un orario massimo di lavoro settimanale è naturalmente quella della tutela della salute del lavoratore.
È bensì la contrattazione collettiva a dover determinare e disciplinare l’orario di lavoro settimanale, che tuttavia non può comunque superare le 48 ore, comprensive di quelle di lavoro straordinario.
Per il calcolo delle ore settimanali lavorate non si deve tener conto di quelle svolte nella singola settimana, perché bisogna aver riguardo al numero di ore lavorate mediamente nell’arco di 4 mesi.
Per il calcolo dell’”orario medio” – appunto all’interno dei 4 mesi – è quindi possibile che all’interno di una settimana lavorativa siano prestate più di 40 ore e in quella successiva meno di 40 ore, ed è appunto la “media” delle ore effettivamente svolte nei 4 mesi a dover coincidere con il numero 40.
Questi limiti, si badi bene, si devono applicare anche ai lavoratori titolari di più rapporti di lavoro.
A tale proposito, tuttavia, il Min. Lavoro pone a carico del lavoratore l’onere di comunicare all’azienda l’orario in cui può prestare l’attività lavorativa, sempre nel rispetto dei limiti sopraindicati.
Attualmente non sono previste sanzioni per chi ha più rapporti di lavoro, ma qualche problema, e non solo di carattere pratico, potrebbe sorgere evidentemente nel caso in cui un lavoratore “plurioccupato” incappasse in un infortunio ritenuto magari (dal giudice) riconducibile proprio all’eccessiva attività lavorativa prestata.
(luisa santilli)