La normativa di riferimento circa le tutele e i trattamenti economici in caso di maternità (o paternità) è il D.lgs. 151/2011 che individua una serie di regole e divieti vigenti nella materia.
In merito a quanto richiesto nel quesito, si specifica che il congedo di maternità – periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio – consiste in un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per la madre che copre un arco di tempo pari a 5 mesi a cavallo del parto.
Il periodo può essere flessibile, ovvero due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo, oppure 1 mese e 4 o 5 mesi subito dopo il parto. La scelta di avvalersi del congedo di maternità flessibile è della lavoratrice, purché vi sia un attestato del medico del Servizio sanitario nazionale avallato dal medico competente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nel quale certifichino l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice e alla corretta prosecuzione della gravidanza.
Terminato il periodo di congedo obbligatorio, è prevista la possibilità, di poter richiedere un periodo di astensione facoltativo – congedo parentale – previsto sia per la madre che per il padre.
Il congedo parentale spetta ad entrambi i genitori fino al compimento del 12° anno di età con durata massima di 10 mesi, elevato a 11 mesi qualora il padre dipendente usufruisca di almeno 3 mesi continuativi. Alla madre compete per un periodo massimo di 6 mesi, al padre fino a 6 mesi, estendibili a 7 qualora ne richieda almeno 3 continuativi.
Per quanto riguarda, infine, l’aspetto retributivo, durante il periodo di assenza obbligatoria e facoltativa la lavoratrice ha diritto ad una indennità pari all’80% (durante l’assenza obbligatoria) ed al 30% (durante l’assenza facoltativa) della retribuzione che è posta a carico dell’Inps ma anticipata dal datore di lavoro.